Come investire, partendo da zero
Investire non corrisponde alla pratica comunemente conosciuta nel nostro Paese con la locuzione di Giocare in borsa. Non è una partita alla roulette e non dovrebbe essere qualcosa di puramente aleatorio. La componente di alea è elevata, ma il nostro obiettivo dovrebbe essere appunto quello di pianificare le cose in modo da ridurre il rischio, per quanto possibile.
E visto che parliamo di rischio, personalmente penso che un rischio altrettanto impattante sia quello di arrivare a 30 o 40 anni senza un minimo di educazione finanziaria e senza nemmeno aver preso in considerazione l’ipotesi di gestire diversamente il nostro patrimonio e le nostre entrate.
Per portare un po’ di luce su questo tenebroso mondo degli investimenti, cominciamo sottolineando la differenza che sussiste tra investire e fare trading.
Il trading è un’attività speculativa a breve termine, che prova a sfruttare le variazioni di prezzo di strumenti finanziari. Si acquista uno strumento perché si pensa che aumenterà di valore, se ne vende un altro perché si pensa che stia per perdere valore.
L’investimento è invece un’attività a medio-lungo termine, che punta alla crescita del capitale attraverso la detenzione prolungata degli strumenti finanziari, sfruttando l’interesse composto.
Anche l’investimento è rischioso, ma si tratta di una pratica sana, da effettuare con raziocinio.
Ovviamente, niente di quanto scritto qui o nel resto del sito web è da intendersi come consiglio finanziario.
Cosa significa investire?
Investire significa mettere soldi in qualcosa con l’aspettativa che, nel tempo, questi crescano o ti portino un guadagno.
Il denaro può essere messo in differenti asset class, come ad esempio azioni, obbligazioni, materie prime (soprattutto oro), immobili, criptovalute, o altro.
La speranza è che nel futuro quel denaro aumenti: vuoi perché il valore dell’investimento cresca o vuoi perché si ricevano dei guadagni periodici, come interessi o dividendi.
Due fattori fondamentali da tenere in considerazione sono il rischio ed il tempo.
Rischio: più alto è il rischio che corri (ad esempio investendo in azioni), più alto può essere il guadagno, ma anche la possibilità subire perdite o di osservare oscillazioni.
Tempo: gli investimenti di solito richiedono tempo per crescere. Quindi, se investi oggi, potrebbe volerci qualche anno per vedere i risultati.
Perché investire?
Il primo motivo è l’inflazione, a mio parere. Una sorta di tassa occulta, che ogni anno toglie un po’ di valore alla liquidità che parcheggiamo sul conto corrente.
Se l’inflazione è del 2% ed abbiamo 10000€ sul conto corrente, a fine anno sarà un po’ come avere 9800€. Il valore nominale sarà sempre di 10000€, ma il potere d’acquisto sarà circa di 200€ in meno.
Gli investimenti azionari, storicamente hanno generato rendimenti superiori all’inflazione. Quindi un investimento azionario protegge il nostro denaro dall’inflazione e ci aiuta ad accumulare un patrimonio per la pensione o per progetti futuri.
Non conosco la finanza, come faccio?
Non serve essere esperti di finanza per investire. Negli USA, circa il 60% delle persone possiede investimenti azionari, e la maggior parte di loro non è esperta: semplicemente ha sviluppato abitudini finanziarie diverse. In Italia, invece, è più comune lasciare i soldi fermi, puntare sui titoli di Stato o investire in immobili.
Quali azioni dovrei acquistare?
Non possiamo prevedere l’andamento del mercato. Non so voi, ma io non voglio fare scommesse e non reputo saggio farne.
Quale strategia adottare, quindi?
Acquistare tutto il mercato. Esistono indici che replicano l’intero mercato globale. Ne esistono anche che replicano un singolo continente o un singolo paese, ma più si restringe il campo e più ci si assume un rischio specifico.
Si può anche investire su settori specifici o trend particolari, ma qui si entra nell’ambito della speculazione, che non approfondirò.
Il principio chiave è che maggiore diversificazione significa minore rischio. Storicamente, nel lungo periodo, questo approccio ha dato risultati positivi.
La diversificazione riduce il rischio specifico, ma non elimina il rischio di mercato: se il mercato scende, il nostro investimento ne risentirà comunque.
Non voglio rischiare. Fa per me?
È una reazione comprensibile: nessuno lo vorrebbe. La paura di vedere diminuire i propri risparmi è l’ostacolo principale per molti, e non tutti devono superarlo. Non è detto che faccia per te.
Un dato a conforto di questo percorso?
I dati storici mostrano che, con un orizzonte di lungo periodo, il rischio si riduce: negli ultimi decenni, detenere un investimento azionario diversificato per 10 anni ha prodotto risultati positivi nell’85-90% dei casi, mentre su 20 anni il tasso di successo è stato vicino al 100%.
Possiamo quindi dire che dai 20 anni in su non si rischi niente?
No, non possiamo dirlo. Il rischio di mercato esiste sempre, anche con orizzonti temporali di 20 anni o più.
Il mercato premia il rischio che ci assumiamo: se non ci fosse alcun rischio, non ci sarebbe neanche un rendimento extra rispetto alle asset class considerate sicure, come le obbligazioni governative di paesi solidi.
La statistica è dalla nostra parte, e questo per molti è sufficiente per assumersi un certo grado di rischio. Ma la decisione finale dipende sempre dalla sensibilità e dalla propensione al rischio del singolo individuo.
D’altronde, un mantra che dobbiamo sempre tenere a mente è che i rendimenti passati non sono una garanzia per quelli futuri, poiché le condizioni di mercato possono evolversi e le performance degli investimenti possono variare nel tempo, influenzate da numerosi fattori economici, politici e sociali che non possiamo prevedere con certezza.
Quali sono le asset class sulle quali investire?
L’asset class principale per la generazione di rendimento è quella azionaria, ossia quote di aziende. Quando acquisti un’azione, diventi proprietario di una piccola parte dell’azienda; quando acquisti la quota di un etf azionario diversificato, acquisti quote di tutte le aziende che compongono l’etf.
Il tuo rischio non è legato in alcun modo all’emittente dell’etf, ma alle aziende presenti nel sottostante.
Le obbligazioni sono titoli di debito emessi da governi o aziende. Acquistando obbligazioni, presti denaro all’emittente.
Solitamente vengono inserite in portafoglio per ridurre la volatilità, ossia per offrire maggiore stabilità a scapito di un rendimento potenzialmente inferiore.
Un’altra asset class comunemente considerata è l’oro, che storicamente ha mostrato una buona tenuta in periodi di alta inflazione. L’oro è un asset improduttivo e molto volatile. Non genera rendimento in sé, ma quello che varia nel tempo è il valore che gli viene attribuito.
Esistono poi altre alternative, come i REITs (investimenti immobiliari) e le criptovalute, con il Bitcoin come riferimento principale.
Che rendimento dovrei aspettarmi dalle diverse asset class?
Come già detto, i rendimenti passati non sono garanzia di quelli futuri.
Storicamente, le azioni hanno offerto i rendimenti più alti, con una media annua intorno al 10% per l’S&P500 (solo USA) ed una media intorno all’8% per l’MSCI World (paesi sviluppati).
Le obbligazioni hanno generalmente rendimenti inferiori, attorno al 3-5%, con una volatilità più contenuta rispetto alle azioni.
L’oro ha mostrato una crescita media annua intorno al 6% nel lungo periodo, con picchi in momenti di crisi o alta inflazione.
Quando disinvestirò, dovrò pagare delle tasse?
Nel momento in cui disinvestirai una parte (o tutto), dovrai pagare una tassa sulle plusvalenze. Questo implica che verrai tassato solamente se il tuo investimento ha effettivamente aumentato il proprio valore.
La tassazione sulle plusvalenze, in Italia è del 26%.
Costituiscono un’eccezione le obbligazioni emesse dallo Stato Italiano e da governi di altri paesi in white-list, le cui plusvalenze sono tassate al 12.5%.
Se hai optato per un conto in regime amministrato, questa tassazione viene applicata automaticamente nel momento in cui vendi.
Se sei in regime dichiarativo, dovrai invece occupartene tu in sede di dichiarazione dei redditi.
Come decido l’asset allocation per il mio portafoglio?
Per decidere l’asset allocation del tuo portafoglio, considera prima i tuoi obiettivi finanziari e l’orizzonte temporale: più lungo è, più puoi permetterti di assumere rischi.
Tieni a mente che detenere azioni con un orizzonte temporale inferiore ai 10 anni è una scelta rischiosa.
Valuta anche la tua tolleranza al rischio: se ti preoccupa vedere oscillare il valore del tuo portafoglio, opta per un’asset allocation più conservativa, ossia con un maggior quantitativo di obbligazioni.
Esempi di asset allocation?
Una delle asset allocation classiche è 60/40, ossia 60% in azioni e 40% in obbligazioni.
Spesso si sceglie però di iniziare con un approccio più rischioso. Per far crescere un capitale con un orizzonte temporale di 20 o 30 anni, si può valutare anche un 100% azionario. Quando mancheranno 10-15 anni al momento in cui si prevede di prelevare fondi dall’investimento, si ridurrà gradualmente il rischio introducendo un quantitativo sempre maggiore di obbligazioni.
Questa è solo una di numerose strategie.
Esistono ad esempio molti portafogli lazy, pensati per mantenere invariata l’asset allocation per tutta la durata dell’investimento.
Esempi celebri di portafogli lazy multi-asset sono l’All Weather ed il Golden Butterfly, concepiti per adattarsi a tutti gli scenari macroeconomici.
Che prodotti dovrei usare per investire?
Questo blog parla di etf, per cui vengono considerati principalmente questi strumenti. Puoi acquistare etf direttamente dal tuo conto titoli online, con pochi click. Gli etf permettono di investire passivamente su indici diversificati con bassissimi costi di gestione annuali, spesso nel range dello 0.10-0.30%.
Un portale di riferimento per la consultazione degli etf è justetf.com.
Quali parametri dovrei valutare per scegliere gli etf da inserire in portafoglio?
1. Categoria (asset class, area geografica, duration in caso di obbligazioni, ecc). Questa è ovviamente la prima selezione da fare.
2. Distribuzione dei profitti. Scegli etf ad accumulazione o a distribuzione, a seconda delle tue preferenze. Gli ETF ad accumulazione reinvestono automaticamente i dividendi, evitando la tassazione immediata e massimizzando l’effetto dell’interesse composto. Nella maggior parte delle situazioni, ha più senso orientarsi su questi ultimi.
3. Liquidità, ovvero il volume di scambi giornalieri in borsa. Un ETF poco liquido può avere uno spread denaro-lettera (bid-ask spread) più ampio, portandoti a comprare o vendere a prezzi meno favorevoli rispetto al valore reale di mercato.
4. Dimensione. C’è chi consiglia di considerare solamente etf a partire da 500mln in su, c’è chi è più ottimista e sostiene che 100mln siano già sufficienti. Il concetto è quello di evitare etf che un giorno potrebbero venire chiusi
5. TER (costi annui di gestione) e tracking difference. Per un etf a gestione passiva, a mio avviso il TER dovrebbe essere inferiore allo 0.5%. Ma un parametro migliore da considerare se si investe in un ETF a replica passiva è la tracking difference. Quest’ultima misura la differenza di performance tra l’ETF e l’indice di riferimento, al netto dei costi di gestione (quindi dopo aver applicato il TER). Confrontando la tracking difference di 2 ETF, può capitare di rendersi conto che un ETF più costoso sulla carta (TER più alto) si riveli invece una scelta più efficiente perché alla fine riesce ad avere una minore tracking difference. Per fare un confronto di questo tipo, occorre però che entrambi gli ETF abbiano un certo storico alle spalle.
6. Costo di una singola quota. Questo non incide in alcun modo sul rendimento, ma sarebbe ad esempio scomodo fare un PAC mensile da 100€ con un etf le cui quote costano 200€.
7. Leggi il KID e prendi consapevolezza dell’investimento che stai per fare. Verifica che non siano presenti costi nascosti e che l’etf investa effettivamente in ciò che ti aspetti.
Esempi di etf da mettere in portafoglio?
La scelta è personale.
Per il mercato azionario mondiale, ossia paesi sviluppati e paesi emergenti, due esempi sono Vanguard FTSE All-World (ticker VWCE) e iShares MSCI ACWI (ticker ISAC).
Per l’azionario dei paesi sviluppati, due esempi sono iShares Core MSCI World (ticker SWDA) ed Xtrackers MSCI World (ticker XDWD).
Per l’azionario dei paesi emergenti, due esempi sono iShares Core MSCI Emerging Markets IMI (ticker EIMI) e Xtrackers MSCI Emerging Markets (ticker XMME).
Per quanto riguarda invece l’obbligazionario, solitamente si considerano etf di obbligazioni governative europee denominate in euro. La parte obbligazionaria del portafoglio dovrebbe infatti servire a dare stabilità, per cui a mio avviso non vale la pena esporsi al rischio di cambio valutario.
Alcuni esempi di etf obbligazionari governativi europei a duration miste sono Vanguard EUR Eurozone Government Bond (ticker VGEA), Amundi Euro Government Bond (ticker EGOV) ed Xtrackers II Eurozone Government Bond (ticker XGLE). La tassazione delle plusvalenze per questi ultimi sarà del 12.5%.
Gli etf sopra menzionati sono solo i primi esempi che mi sono venuti in mente: ce ne sono infatti tanti altri che replicano anche gli stessi indici, a volte con piccole differenze nei costi o nella composizione.
E se voglio investire in oro tramite etf?
In questo caso si entra nel campo degli ETC (exchange traded commodities). Gli ETC sono strumenti derivati, per cui oltre al rischio di mercato ci si espone anche al rischio emittente.
Due grandi etc per l’oro sono iShares Physical Gold ed Invesco Physical Gold.
Quali sono i costi per investire in etf?
A seconda del broker che utilizzerai, ci potranno essere dei costi di acquisto e di vendita.
Ad esempio, le condizioni che ho nel mio conto titoli Fineco Trading prevedono un costo di compravendita dello 0.19%, con un minimo di 2.95€.
Questo significa che se acquisto ad esempio 200€ di un determinato etf, pagherò 2.95€. Fineco offre però anche numerosi etf a zero commissioni, per cui investendo su quelli non si paga nulla per l’acquisto.
Cosa devo fare per investire in etf?
La prima cosa da fare è aprire un conto titoli.
Scegli un broker online, valutandone le condizioni. Alcuni esempi validi sono Fineco Trading, Directa e BG Saxo. Questi sono broker italiani che offrono il regime amministrato. Qualunque broker tu scelga, assicurati che offra il regime amministrato e non quello dichiarativo.
Il regime amministrato ti consente di non doverti preoccupare della fiscalità del tuo conto titoli, poiché il broker agisce come sostituto d’imposta.
Se scegli un conto a regime dichiarativo, invece, sarai tu a dover gestire la fiscalità al momento della dichiarazione dei redditi.
C’è l’imposta di bollo sul conto titoli?
Sì, corrisponde allo 0.2% annuale degli strumenti finanziari detenuti.
Quando dovrei iniziare ad investire?
La risposta è sempre la stessa: oggi. Il motore del vostro investimento è composto dai risparmi che decidete di mettere da parte e dal tempo che concedete loro per crescere, grazie all’effetto dell’interesse composto.
Cos’è l’interesse composto?
L’interesse composto è il processo attraverso cui gli interessi maturati su un investimento vengono aggiunti al capitale iniziale, e su questa nuova somma si calcolano gli interessi nel periodo successivo. In altre parole, non solo guadagni sugli interessi iniziali, ma anche sugli interessi già accumulati. Questo meccanismo consente di ottenere un effetto a cascata, dove il capitale cresce in modo esponenziale nel tempo.
Più tempo lasci l’investimento a crescere, maggiore sarà l’effetto dell’interesse composto.
Ho sentito dire che siamo ai massimi. Forse dovrei aspettare?
Il market timing è una pratica pericolosa. Cercare di indovinare i picchi o i minimi del mercato è praticamente impossibile, e molte persone che ci provano finiscono per prendere decisioni sbagliate. Chi cerca di temporeggiare rischia di rimanere fuori quando i mercati continuano a crescere, perdendo così delle opportunità.
Time in the market (rimanere investiti per un lungo periodo) è decisamente più vantaggioso. Se hai un orizzonte di 10, 20 o 30 anni, le fluttuazioni a breve termine sono praticamente irrilevanti. Investire nel lungo periodo ti permette di sfruttare l’interesse composto e ridurre il rischio di prendere decisioni sbagliate nel tentativo di azzeccare il momento giusto.
Allora posso cominciare subito ad investire?
Il mio consiglio personale, è di formarti prima sulle basi. In seguito indicherò alcune fonti gratuite.
Un paradigma piuttosto diffuso è quello di suddividere il proprio patrimonio in conto corrente, fondo d’emergenza e portafoglio d’investimento.
È generalmente consigliato iniziare a costruire il portafoglio d’investimento a lungo termine solo dopo aver messo da parte una somma per il fondo d’emergenza e aver sistemato il conto corrente. In questo modo, potrai affrontare eventuali imprevisti senza dover intaccare i tuoi investimenti.
Cos’è un fondo d’emergenza?
Il fondo d’emergenza è una parte del tuo patrimonio destinata a coprire spese impreviste o urgenti, come una riparazione improvvisa, una perdita di reddito, o emergenze sanitarie. Di solito, si consiglia di mettere da parte una somma equivalente alle spese medie di 6 mesi, ma a seconda della tua situazione personale, potrebbe essere più adatto riservare anche 1 o 2 anni di spese.
La caratteristica principale del fondo d’emergenza è che deve essere facilmente accessibile, quindi la liquidità deve essere messa in strumenti che consentano prelievi rapidi, pur cercando di ottenere almeno un rendimento minimo, per evitare che l’inflazione eroda il valore della somma messa da parte.
Dove posso mettere il mio fondo d’emergenza?
Due opzioni classiche per parcheggiare il fondo d’emergenza sono i conti deposito (purché liberi o svincolabili rapidamente) o gli ETF monetari.
Due ETF monetari comunemente utilizzati a questo scopo sono l’Xtrackers EUR Overnight Rate Swap (ticker XEON) e l’Amundi ETF Govies 0-6 Months Euro Investment Grade (ticker C3M).
Dal punto di vista del rischio, considero gli ETF monetari più sicuri, poiché offrono una maggiore diversificazione e non presentano il rischio emittente.
Per il resto, la scelta dipende dalle vostre preferenze in termini di condizioni e operatività: non ha molto senso focalizzarsi su piccole differenze nei rendimenti, dato che l’obiettivo è avere liquidità facilmente accessibile senza rischiare troppo.
È meglio se investo tutto subito, oppure se dilaziono l’investimento?
Ci sono due approcci, chiamati PAC (piano di accumulo capitale) e PIC (piano d’investimento capitale).
Il PAC prevede di investire periodicamente una certa somma. Un classico esempio: ogni volta che ti arriva lo stipendio decidi di mettere nel tuo PAC una somma stabilita (100, 200, 300, 500€, …).
Il PIC prevede invece di investire tutto subito.
Storicamente ha funzionato meglio il PIC, anche quando in situazioni apparentemente sfavorevoli (ad esempio prima di un crollo del mercato).
È tuttavia molto diffuso il PAC, perché la maggior parte di noi non ha grosse somme da investire oggi, ma cercherà invece di mettere da parte una piccola somma ogni mese.
Se ti trovi nella posizione di poter scegliere tra i 2 approcci, è più probabile che la cosa giusta da fare sia un PIC. Ma in questo caso, sarebbe opportuno affidarti ad un consulente finanziario autonomo. Impostando male un portafoglio cospicuo, potresti fare danni importanti.
Dove mi posso formare gratuitamente?
Per formarti gratuitamente ti suggerisco due percorsi che iniziano da zero:
- ll corso YouTube del prof. Paolo Coletti, Educati e finanziati
- Il podcast di Riccardo Spada, The Bull
Educati e finanziati è più breve: in pochissime ore sarai già in possesso delle basi fondamentali.
The Bull è invece un percorso più completo: parte dalle basi per poi andare a coprire tanti aspetti della gestione delle finanze personali e degli investimenti.
Io ti consiglio di ascoltare entrambi, nell’ordine in cui li ho elencati.