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Le distorsioni introdotte dall’investimento passivo

Riporto una libera traduzione ed interpretazione di un articolo di Nick Maggiulli (Of Dollars and Data) intitolato Is There a Problem with Passive Investing?.
Nell’articolo vengono delineati i 3 punti più discussi relativamente ai problemi introdotti dall’investimento passivo.
Questo scenario mi ricorda un po’ l’acredine che hanno gli sciatori nei confronti degli snowboarder, colpevoli di essere arrivati storicamente dopo e di rovinargli le piste.

I 3 punti in questione sono:

  • Distorsione dei prezzi a causa del feedback positivo
  • Minore stabilità del mercato
  • Problemi di governance aziendale, a causa del potere concentrato nelle mani di pochi emittenti

Minore stabilità

Con un’alta percentuale di investimento passivo, una vendita in massa causerebbe un effetto a cascata.
L’investitore passivo, però, solitamente non fa dentro e fuori dal mercato.
A riprova di ciò, nell’articolo vengono dati sul comportamento degli investitori passivi nel 2020, durante il COVID.
Ciò che probabilmente diminuirà non sarà tanto la stabilità, quanto piuttosto l’efficienza del mercato. E se accadrà, vedremo fondi attivi battere il mercato con maggiore facilità. Cosa che ancora non si sta verificando.

Problemi di governance

Su questo punto c’è poco da obiettare.
Sempre più azioni sono detenute da grandi gestori di ETF come BlackRock e Vanguard, che prendono decisioni aziendali per conto degli investitori individuali. Questi ultimi infatti non esercitano il proprio diritto di voto, pur avendone teoricamente diritto.
Si arriva così al risultato che pochi gestori abbiano una grande influenza sulle scelte delle singole aziende.

Per far fronte a ciò, si stanno sviluppando strumenti per consentire ai singoli investitori di esprimere le proprie preferenze. Il problema della concentrazione del potere nelle mani di pochi attori finanziari resta comunque aperto e merita attenzione.

Distorsione dei prezzi causata dal feedback positivo

Il problema principale dell’investimento passivo è che si acquistano azioni per il solo fatto che abbiano un determinato peso all’interno di un indice. Questo crea un loop che porta le aziende più capitalizzate ad esserlo ancora di più, amplificando l’ effetto momentum già intrinseco del mercato.

La crescita delle valutazioni diventa artificiale, non giustificata da fondamentali. Michael Green sostiene che ormai la percentuale di investimento passivo sia tale da non poter nemmeno essere contrastata da gestioni attive. I manager di fondi attivi non hanno più la forza di arbitraggiare. Il meccanismo di price discovery rischierebbe di venir meno.

Sebbene la tesi sia sensata, i dati suggeriscono che non ci sia una correlazione diretta tra le azioni a maggior percentuale di investimento passivo e quelle con i multipli più elevati.
Per dirla in un’ altro modo, le azioni a maggior percentuale di investimento passivo non sono più care delle altre.

Non è l’investimento passivo ad aver causato la crescita impressionante di certi titoli, come ad esempio Nvidia. Sono stati gli investitori attivi a farli lievitare, dopo averne valutato gli utili.
Le stock più grandi, come quelle delle big 7, sono infatti molto liquide. Pertanto è difficile (per il momento) che il loro valore venga distorto dall’investimento passivo.
Diverso è il discorso per i titoli meno liquidi degli indici passivi. In quel caso è possibile i titoli vengano gonfiati da bid-ask spread sfavorevoli.
Questo fenomeno incrementa man mano che ci si sposta verso il margine degli indici, ossia verso i titoli meno liquidi.

Conclusione

Le preoccupazioni sono tutte sensate, ma solo parzialmente fondate.
La distorsione dei prezzi per quanto riguarda i titoli più grossi si potrebbe verificare in futuro, ma non ancora oggi.
Un calo di efficienza del mercato è probabile, mentre un calo di stabilità non sembra trovare riscontro.
Il problema più concreto al momento sembra essere quello che riguarda la concentrazione del potere nelle mani di poche società d’investimento.

Nel frattempo, il successo degli ETF passivi continua, spinto dai bassi costi e dalla loro efficienza.

Aggiungo io una sparata. Ultimamente stanno sbucando come funghi ETF attivi di tutti i tipi, dai costi anche relativamente contenuti. Qualora in futuro i problemi paventati si rivelassero più concreti del previsto, magari gli ETF attivi potrebbero giocare un ruolo nel riportare un po’ di equilibrio al mercato. Non saprei né come, né quando, ma magari la migrazione di una consistente fetta di capitali dal passivo all’attivo potrebbe riportare ad una minor distorsione dei prezzi. Non dico che rimuoverebbe il problema, soprattutto se le strategie attive usassero metodologie simili tra loro. Però sarebbe pur sempre una diversificazione.

Link all’articolo: https://ofdollarsanddata.com/is-there-a-problem-with-passive-investing/


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